Di solito si parla sempre delle cose positive, belle e che ci fanno fare bella figura. Soprattutto quando si comunica sui social qualcosa che riguarda la propria attività.

Nello yoga questo paradigma forse è ancora più esasperato da alcuni elementi culturali psicologici: l’idea che nello yoga si debba essere tutti più buoni ed etici, il fatto che Patanjali ci suggerisca che “La mente rimane serena quando si gioisce per la felicità altrui, si empatizza il dolore altrui e ci si disinteressa di ciò che è negativo”. 

E’ vero ! E condivido pienamente l’insegnamento di Patanjali, solo che la nostra mente non sempre è in pace, non sempre è serena, ed è profondamente ipocrita fingere che lo sia. 

Qualche anno fa ero entrato in fissa con l’idea che volevo scoprire che fine avesse fatto Karen Haberman (ora si chiama Karen Rain). Si tratta di una delle sei persone che praticano nei due video famosi di prima e seconda serie di ashtanga guidate da Pattabhi Jois, solo che a differenza dagli altri cinque che sono diventati celebri e celebrati insegnanti di fama internazionale lei è sparita nel nulla, ed essendo molto ma molto brava tecnicamente mi chiedevo il motivo di tale sparizione.

Ho contatto insegnanti di Ashtanga in ogni parte del mondo, e qualcuno che l’aveva conosciuta di persona mi riferì che aveva avuto alcuni screzi personali, qualcun altro mi disse che era andata “troppo avanti troppo presto” e si era bruciata. 

Poi un bel giorno mi imbatto in un’intervista che le viene fatta da Matthew Remski, la ascolto una volta, la riascolto una seconda volta e rimango di stucco nell’apprendere che lei smise di praticare e insegnare Yoga a causa del fatto che Pattabhi Jois la aveva ripetutamente molestata sessualmente e le aveva causato dei danni fisici che la hanno portata ad avere dolori cronici per nove anni.

Poi scopro approfondendo che non è l’unica e che c’è tutta una schiera di studenti e praticanti di Yoga che lamentano molestie da parte dei loro insegnanti e danni fisici provocati da adjustments e altre pratiche poco rispettose dell’integrità fisica altrui.

Stamattina ho ascoltato un’altro podcast di cui riporto il link al termine di questo mio scritto, e ancora una volta ho pensato che non si può e non si deve semplicemente scuotere la testa e pensare fra se e se “che brutta storia” questo non basta. Tacere, e non esprimere il proprio dissenso, non prendere le distanze anche formalmente da questi comportamenti, infittisce la nebbia di silenzio in cui normalmente macerano le persone vittime di violenza, anzi è forse proprio quella nebbia di silenzio e buio a peggiorare e prolungare la loro sofferenza. 

Non voglio esprimere giudizi sugli altri cinque insegnanti famosi, ne ho conosciuto solo uno di loro personalmente e mi ci sono trovato molto bene, ma cercando su web ho trovato solo una testimonianza di Maty Ezraty che fa una sorta di ammissione di colpa nel non avere alzato la testa e denunciato la cosa pur essendo più che evidente a tutti. 

E’ il funzionamento di una setta, di un culto, di un gruppo, siccome è rassicurante farne parte, e talvolta il farne parte si basa su qualcosa che di per se genera dipendenza, si fa finta di non vedere ciò che non va bene, e il guru deve essere sempre lodato, ed è al di sopra della legge. 

Forse per questo disprezzo le sette e i credo accecanti. Forse è per questo che non ho mai voluto e apprezzato l’appellativo di “ashtangi”, figuriamoci , mi sta già stretto quello di Yogin… Proprio ritengo disfunzionale sentirsi parte di un gruppo nello yoga, lo yoga deve aprire le porte , sfondare i cancelli, dissolvere le reti, non creare dei confini del “noi”, su questo mi permetto il lusso di non nutrire dubbi.

Beh, posso dire questo con franchezza: non mi sento parte di alcun lignaggio, pratico e insegno Ashtanga perché lo trovo un ottimo metodo di pratica se declinato e insegnato con moderazione saggezza e RISPETTO dell’altro sia dal punto di vista fisico che psicologico che ambientale (tempo da poter dedicare alla pratica nella propria vita e voglia di farlo). 

Rifiuto qualunque Setting psicologico di transfer e controtransfer Guru-discepolo e condanno qualunque abuso, sia quello psicologico di potere sia quello fisico e peggio ancora quello sessuale. 

Ritengo che ci siano altri terreni di “caccia” e che una persona che si approfitta del proprio ruolo per esercitare fascinazione o peggio ancora abusare degli/lle studenti sia un ignobile e patetico codardo e che sicuramente non meriti l’appellativo di Maestro. 

Indipendentemente dal fatto di aver imparato questo metodo di pratica da un insegnante che non ha nulla a che fare con P.Jois (il mio insegnante è stato assistente di BNS Iyengar, un altro degli allievi storici di Krishnamacharya) non voglio far finta di niente: Pattabhi Jois è stato il principale responsabile della divulgazione del metodo ashtanga Yoga, ha fatto molte cose utili (nessuno è solo buono o solo cattivo a questo mondo) ma si è reso responsabile anche di azioni gravissime e ha fatto molto male ad alcune persone. 

Nelle famiglie ci possono essere fatti e colpe gravissime, quando vengono vissuti alla luce del giorno e se ne metabolizza il dolore, si può andare avanti e vivere con rinnovata fiducia e forza, mentre nelle famiglie disfunzionali ,come puntualizza giustamente Karen nella sua intervista, ci sono i segreti, si tace, si nasconde per paura che possa emergere la verità e si mostra solo un frontespizio socialmente accettabile. Fra l’altro anche Sharat nel 2019 ha pubblicamente chiesto scusa per la condotta di suo nonno chiedendo agli studenti di tutto il mondo di perdonarlo. 

Ecco , è questo il motivo che mi ha spinto a scrivere questo post, se ad oggi  pratico e insegno Ashtanga , nonostante il mio insegnante faccia parte di un altro lignaggio, non posso nascondere che sia grazie ad un uomo che ha anche abusato sessualmente alcune sue studenti e ha danneggiato fisicamente e psicologicamente delle persone, lo devo vedere, ammettere e accettare per poter andare avanti, il metodo non c’entra con le colpe dell’uomo ma il gruppo, la setta, l’adorazione per il Guru , quelli sì, sono comportamenti che ritengo disfunzionali per la crescita dell’essere umano e la sua realizzazione esistenziale e ritengo che siano parte del problema e francamente vedere e sentire chiamare Guruji un uomo che ha commesso quegli atti lo trovo davvero disdicevole e degno di una setta o di una “famiglia” disfunzionale.

Quindi perdonatemi se mi vedete reagire con uno sguardo annoiato quando sento la parola “ashtangi” per definire un essere umano che pratica quello stile di Yoga, o se lo stesso sguardo emerge sul mio viso quando sento parlare del concetto di “insegnante autorizzato” da KPJI come delle uniche persone che hanno titolo a insegnare quello stile di Yoga (anche perché se vogliamo proprio puntualizzare rispetto agli altri allievi contemporanei di Krishnamacharya l’appropriazione del “diritto di autore” di quel metodo e del monopolio dell’autorizzazione ad insegnare da parte di uno solo di essi è di per sé  un furto). Avrò sempre quello sguardo quando riceverò della pesantezza nelle parole e nei pensieri. 

Nella condivisione con le altre persone che praticano yoga desidero trovare leggerezza nelle parole, gioia  e apertura nel cuore, grande e profondo rispetto per gli altri, per il loro percorso, per le loro finalità e per i loro limiti psicofisici (basta con questa storia di forzare le persone ad aderire a modelli di riferimento siano essi posturali o comportamentali, il rispetto reciproco è più che sufficiente) e grande rispetto anche per le persone che sono vittime di violenza e abuso psicofisico, che si esprime nell’astenersi dal giudizio frettoloso nei loro confronti, nell’evitare di girare la testa dall’altra parte perché non vogliamo vedere la realtà e nel prendere anche una posizione forte, se necessario, verso coloro che vengono ritenuti “al di sopra”.

 Per l’intervista a Karen Rain che ho menzionato seguire questo link:
https://youtube.com/watch?v=W8oJjsAzLyc