Il metodo di pratica dell’ashtanga vinyasa è caratterizzato dal Tristhana cioè dalla sovrapposizione contemporanea di tre elementi che vengono mantenuti contemporaneamente e ui quali si impara a mantenere costantemente vigile una parte della propria mente, la posizione, la respirazione e lo sguardo. Il vinyasa è un particolare tipo di movimento che diventa una vera e propria manifestazione esteriore della respirazione, unendo gli asana in un filo unico come le palline di un mala, l’asana di per sè é una forma di allineamento particolare dei canali energetici, di muscoli ossa nervi che produce un effetto sul corpo e sulla psiche, congiuntamente al respiro ujjayi che innalza il calore, l’energia, che emette un suono ipnotico capace di diventare un mantra (lett. liberazione della mente) e di accompagnare lo sforzo diluendolo, dilatandolo e rendendolo relativo, incapace di avere effetti sulla emotività, di sormontarci e di diventare “troppo”, e lo sguardo, il dristhi mantiene inchidata la mente al presente, rendendo davvero difficile l’identificazione coi pensieri che invece possono solo al massimo essere un flusso lontano, come un film proiettato su uno schermmo lontano e sfuocato, in secondo piano, incapace di distrarci e farci identificare con esso.

Il tristhana è quindi lo strumento elettivo per trasformare una coreografia di movimenti nella pratica dell’ashtanga yoga, un momento dedicato alla crescita interiore in cui attraverso gli elementi che ci permettono di mantenere la mente concetrata (dharana) ci immergiamo in uno stato meditativo (dhyana) che ci conduce all’assorbimento della mente e al contatto con la nostra essenza profonda, limpida, leggera, pura, osservatrice.